Superato qualche problema logistico dovuto alla inaspettata affluenza di persone, circa 200 persone contro, credo, una 50-ina attese, e arrivato Richard Stallman, reduce da un lungo intervento a Radio Popolare, si è dato il via alla manifestazione.
Stallman ha iniziato ricordando i propri trascorsi di ricercatore al JPL e di come in quel periodo, fine anni 60-inizi anni 70, tutto il software circolante in quell'ambiente fosse in codice sorgente e liberamente distribuibile, o, meglio, di come nessuno si ponesse il problema di vantare diritti economici o di utilizzo esclusivo di un particolare software.
Erano tempi, e un ambiente aggiungo io, nel quale veniva favorita la libera circolazione delle idee, come, ricorda Stallman, fosse ovvio e scontato nel mondo scientifico.
Se ben mi ricordo un famoso e significtivo episodio, ad un certo punto del progetto Manhattan, Oppenheimer, fece riunire tutti gli scienziati partecipanti sotto lo stesso tetto, piuttosto che tenerli separati nelle diverse sedi universitarie, contro il parere dei militari.
Questi ultimi pensavano che la separazione dei gruppi di lavoro e la comunicazione tra gruppi che avveniva in modo formale, proteggesse il progetto da fughe di notizie o da perdite di controllo dei gruppi.
In realtà la suddivisione netta e il controllo delle comunicazioni avevano, di fatto, provocato l'arresto del progetto, proprio a causa della mancata interazione tra i gruppi, interazione che non consisteva solo nella comunicazione formale che riguardasse gli obiettivi delle specifiche ricerche, ma che fosse una specie di vivaio di idee, di metodi e di confronto, tra diverse intelligenze.
Stallman ha proseguito con l'episodio che dette il via alla consapevolezza di quanto potesse essere importante la libera circolazione e la pubblica disponibilità del software: la Xerox fornì al JPL una stampante laser (una delle prime esistenti al mondo), con un driver in sorgente. Tale driver fu pesantemente modificato per ovviare ad alcuni difetti e incertezze nell'hardware, e per adattare l'uso della stampante alla realtà in cui era stata installata.
Tutto questo fu possibile, ovviamente, solo perché i driver erano stati forniti in formato sorgente, e senza alcuna limitazione di utilizzo o di modifica.
Dopo qualche tempo, la Xerox fornì al JPL un'altra stampante, laser a colori, che aveva, anche questa come la precedente, alcuni difetti di funzionamento. Purtroppo la Xerox non fornì i sorgenti dei driver di questa stampante, e di conseguenza, non fu possibile modificarli, con una grave perdita di ``usabilità'' e di ``confidenza'' con la stampante.
Stallman scoprì, successivamente, che il ricercatore di una altra università possedeva il sorgente di quel driver. Lo contattò, gli chiese i sorgenti, dopotutto l'ottenerli gli sembrava la cosa più naturale di questo mondo, ma questi gli rispose di no, che non poteva.
Questo ricercatore aveva firmato un ``non-disclosure agreement'' che lo vincolava alla non divulgazione dei sorgenti in suo possesso.
Fu così, racconta Stallman, che si scontrò per la prima volta con questa parola e con questa forma di protezione e di confinamento del software.
Il risultato della non disponibilità del codice sorgente di questi driver fu l'opposto di ciò che accadde per la precedente stampante laser: una scarsa usabilità della stampante, e, quello che conta di più, la mancata possibilità di risolvere o aggirare i problemi modificando adeguatamente il software di gestione.
Ciò su cui ha puntato più Stallman è stato il concetto di ``software incatenante'', legato alla non disponibilità del codice sorgente e, di conseguenza, all'impossibilità di modifiche e moglioramenti, e di come tale software diventi di peso e di ostacolo per i propri utenti, contrapposto al concetto di ``free software'', di cui è possibile, anzi incoraggiata, la libera distribuzione del codice sorgente, e la possibilità di modifiche e adattamenti. Con l'effetto collaterale, ma non meno importante, di allargare enormemente la popolazione di ``modificatori'', con un arricchimento di idee e di nuove possibilità, non solo del software, ma anche personale.
Un'ulteriore spiegazione è necessaria sulla definizione di ``free software'': non si tratta di software ``gratis'', ma di software di cui sia possibile la modifica e la redistribuzione, in modo più liberale rispetto a quello che avviene per i normali accordi commerciali. L'essere ``free software'', non esclude, quindi, l'essere ``commerciale''.
Ma torniamo a Stallman e alla propria storia: all'inizio degli anni 80 il metodo di ricerca con contratti di ``non disclosure agreement'' è quello più praticato dalle università e centri di ricerca americani, e Stallman non accetta questo stato di cose. Inizia a contattare dirigenti di diverse software house per sottoporre il proprio punto di vista e il proprio progetto di ``free software'', spiegando loro come investendo una modesta quota parte dei loro introiti avrebbero potuto dar vita ad un ``sistema di produzione'' software a larghissimo respiro, con enormi ricadute di immagine, e, potenzialmente, economiche.
Stallman ha, all'inizio, timide risposte, interessate al progetto, ma, successivamente, più nulla.
Richard prende la decisione di tentare la avventura in proprio. Si dimette dal JPL e iniziare a lavorare ad una propria versione di EMACS, ovviamente ``free software''. In capo a tre mesi, il clone di EMACS è pronto e Stallman, inizia a renderlo disponibile, in anonymous-FTP e su cassetta, pubblicizzando la sua operazione in Usenet.
Il clone di EMACS ha successo maggiore di quanto ci si potesse aspettare, e Stallman crea la FSF (Free Software Foundation) e inizia il progetto GNU (GNU's Not Unix).
Tutto ciò che accade poi è storia recente: il software prodotto sotto GPL (la licenza di libera distribuzione del software FSF) viene utilizzato per creare un sistema operativo interamente ``Free'', con le parole di Stallman, uno ``Linux-based GNU system''.
Attualmente la FSF sta, con la classica assenza di schedulazioni e deadline tipica degli ambienti ``commerciali'', pensando a utility per rendere Linux e i suoi fratelli UNIX-flavored, più user friendly, e al completamento e al rilascio definitivo del kernel FSF, ``HURD'', disponibile, comunque, in versione alpha-test.
Stallman spiega come HURD sia un kernel progettato con una architettura a microcomponenti (microkernel), basato sul progetto MACH2, nel quale le diverse componenti sono ``serventi'' che erogano determinati ``servizi''. Tutto questo contrapposto ad una architettura convenzionale (es. Linux) nella quale il kernel è monolitico.
Ciò su cui ha insistito maggiormente Stallman, nell' ultima parte del suo intervento e durante il botta e risposta conclusivo col pubblico è stato il vero significato del ``free software'' e della GPL: non solo disponibilità di software ``free'', ma anche e sopratutto, possibilità di adattarlo alle proprie esigenze, possibilità di redistribuirlo, e stimolo alla scrittura di nuovo software, da parte di chiunque.
Non importa, se sia un programma grande o piccolo, o che sia una modifica o uno strumento ex-novo, l'importante è che si vada ad aggiungere alla grande libreria del ``free software'' perché sia di disponibilità comune.
E, ribaltando il punto di vista, significa anche disporre di una base di professionisti, di programmatori, sterminata, che può produrre moltissimo software utile, e che non sia legata a logiche di mercato che privilegiano esclusivamente l' utile del produttore o commerciante, rispetto al significato ultimo dell'esistenza di un prodotto software, il risolvere un problema.
Accenno solo di sfuggita agli aspetti economici legati al ``free software'': Stallman è convinto che gli aspetti economici diretti siano, o possano diventare, in un mondo a maggioranza ``free software'', marginali, a vantaggio di altre attività come la consulenza, e la formazione.
Gli aspetti economici derivati, invece, sono da consderare molto favorevoli, per la possibilità di disporre di ``free software'' a basso costo, per la possibilità di implementare facilmente modifiche e adattamenti.
La mia opinione è abbastanza magmatica e indefinita, in proposito, e, anzi, vorrei potere iniziare una discussione, sul tema che rischia di essere il perno della produzione di software negli anni a venire: la gestione della proprietà e del ruolo del software, in particolare, e del know how e del diritto di autore, in generale, proprio alla soglia, a mio avviso, dell'imminente acquirsi della crisi dell'informatica.
Stallman pensa, infatti, e anche io con lui, che la possibilità di libero scambio del software e della libera circolazione delle idee sia legata a doppio filo con l'esercizio economico del diritto di autore o del copyright (per i paesi anglosassoni).
Infatti, ha riportato, a latere del suo intervento sul ``free software'', per rafforzare la propria posizione, dello scambio di opinioni con alcuni autori di opere letterarie, che concordavano con la sua idea di ridurre il periodo di godimento dello sfruttamento economico del diritto di autore, e della legge approvata di recente negli Stati Uniti che ha prolungato il periodo di copyright di altri 25 anni, portandolo ad un totale di 75, secondo i desideri e per favorire, secondo Richard, gli editori, piuttosto che gli autori.